Parola d’ordine? Sperimentare
Ho ascoltato un Podcast qualche giorno fa, si chiama Tressessanta ed è condotto da Virginia Gambardella, una ragazza che stimo molto e che ad ogni episodio sa proporre delle tematiche che vedo molto affini a me, ai miei pensieri e alle mie esperienze. Questa volta ha parlato delle difficoltà che da giovani (e non solo) si riscontrano nell’ intraprendere il lavoro che ci piace, e soprattutto della capacità di scegliere la strada più sentita dal nostro istinto, e di ascoltare quel famoso richiamo, a prescindere dal giudizio altrui.
Ecco, allora, che ho pensato di raccontarvi quella che è la mia esperienza.
Ho sempre dato un’importanza eccessiva al lavoro, al punto da identificarmici con tutta me stessa.
La mia difficoltà maggiore dai 20 ai 25 anni infatti era riuscire a trovare una dimensione lavorativa ben precisa, che fosse attinente ai miei studi, naturalmente che mi piacesse anche, che mi facesse guadagnare bene, che mi facesse sentire appagata, che fosse ricca di stimoli e, chiaramente, che fosse ciò a cui aspiravo da tutta la vita (?!). Proprio così, doveva essere tutto perfetto!
Impossibile. Considerando che avevo mille sogni nel cassetto e ogni giorno mi balzava in mente una cosa nuova che mi piaceva fare. Era percepita come una difficoltà per me in quegli anni identificarmi in un cosa sola, mi sentivo schiacciata dalla pressione del tempo. Non potevo mica permettermi di realizzare che ero brava a fare questo, ma anche quello e (apperò!) anche quell’altro..e lasciare incompleto un percorso per iniziarne di nuovo un altro.
Sembra incredibile, ma avere tante qualità e tanti interessi era un limite anziché un aspetto qualitativo a mio favore.
Insomma, il risultato di questa confusione fu per me vivere male ogni scelta mi trovassi di fronte, per non parlare di quando mi decidevo a cambiare rotta ed ero tenuta ad annunciarlo agli altri. Un disastro!
Questa sensazione di fallimento si è insidiata dentro di me per anni, facendomi sentire costantemente irrealizzata e incapace di prendere delle decisioni definitive.
Oggi ho capito che sperimentare è stata la mia salvezza. Essere curiosa, avere brama di conoscere, mettermi in discussione, assecondare il cambiamento, essere disposta talvolta a sottostare al giudizio degli altri.
Ho capito come le esperienze che ho vissuto siano state un’enorme opportunità di crescita. Come essere brava in tante cose, avere tanti talenti, tante passioni sia stato un plus per formarmi caratterialmente e costruire quella sicurezza di cui avevo bisogno. Oggi quello che faccio è quello che ho scelto prima di tutto inconsapevolmente. L’amore per il movimento prima, la sensibilità per abbracciare le fragilità altrui, la pazienza di ascoltare e l’energia per stimolare poi.
Non so spiegarvi bene come sia successo, ma quello che faccio oggi mi rende una persona tanto orgogliosa. Mi piace ricordarmelo spesso: guarda un pò il caos da cui sono partita cosa mi ha portata a fare!
C’è una maturità che si raggiunge solo dopo svariati tentativi, provando, riprovando e mettendosi in gioco.
Io ho dato retta all’istinto, mettendo da parte per un attimo il guadagno, l’idea di performare o di identità lavorativa (che tutto sommato, poi, sono due parole che non mi piace neanche associare insieme). Sono arrivata qui con la voglia di migliorarmi ancora tanto e in un qualche modo so che, continuando a lavorare sodo su ciò in cui credo, questo avverrà (:
“Puoi fare tutto quello che vuoi” mi diceva sempre la mia nonna da bambina.
Ora ne sono convinta.
Un abbraccio,
Giuli